Cassazione su somministrazione di alcolici ai minori di 16 anni

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31/07
2014

La Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sull'interpretazione da dare all'articolo 689 co. 1  del Codice Penale  che punisce  con la pena dell’arresto fino ad un anno l’esercente che “somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcoliche ad un minore degli anni sedici, o a persona che appaia affetta da malattia di mente, o che si trovi in manifeste condizioni di deficienza psichica a causa di un’altra infermità”. La condanna comporta altresì la pena accessoria della sospensione dell’esercizio da 15 giorni a due anni (art. 35 C.P.)

La ratio della norma è la prevenzione dell’alcolismo come causa di degenerazione morale e sociale nei confronti di soggetti particolarmente indifesi. Si tratta di un “reato proprio”, cioè il soggetto attivo può essere soltanto il titolare o il gestore di un pubblico spaccio di cibi o bevande.

L’interpretazione,  estremamente rigorosa, datone dalla Cassazione,  richiede da parte dei gestori estrema attenzione e cautela anche nell’impartire disposizioni corrette e puntuali ai propri dipendenti addetti alla mescita degli alcolici. Con la sentenza della V sezione penale n. 46334 del 26 giugno 2013, è stata affermata la responsabilità penale ex art. 689 C.P. “del gestore di un locale in cui un cameriere provvede a servire bevande alcoliche a soggetti minori degli anni sedici, essendosi fidato della risposta dei minori di avere più di sedici anni, pur se il gestore non era presente nel locale”. Secondo i supremi giudici difatti “il gestore non può delegare al personale dipendente l’accertamento della effettiva età del consumatore, dovendo invece egli vigilare affinchè i lavoratori alle sue dipendenze svolgano con la dovuta diligenza i loro compiti ed osservino scrupolosamente le istruzioni al riguardo loro fornite dal gestore”.